GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - SILENZIO - Cons. Stato Sez. VI, 31-01-2018, n. 650

GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA - SILENZIO - Cons. Stato Sez. VI, 31-01-2018, n. 650

In tema di silenzio-inadempimento, l'art. 31 c.p.a. (nel quale è stato traslato l'art. 21-bis della L. 6 dicembre 1971, n. 1034) non ha inteso creare un rimedio di carattere generale, esperibile in tutte le ipotesi di comportamento inerte della pubblica amministrazione e, pertanto, sempre ammissibile indipendentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo sulla questione sottostante, come si verificherebbe qualora il giudice amministrativo fosse stato configurato come giudice del silenzio della pubblica amministrazione, ma ha solo codificato un istituto giuridico di elaborazione giurisprudenziale, relativo all'esplicitazione di potestà pubblicistiche correlate alle sole ipotesi di mancato esercizio dell'azione amministrativa, tanto che, anche nel caso del rito speciale instaurato per l'impugnazione del silenzio il giudice adito deve preliminarmente verificare la propria giurisdizione in relazione alla natura della posizione sostanziale esercitata e, se del caso, dichiarare l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e con l'ulteriore conseguenza che lo speciale rito sul silenzio non configura una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva o per materia del giudice amministrativo, ma costituisce un particolare strumento processuale volto a rendere più efficace la tutela dell'interessato nei confronti del comportamento inerte della p.a. nell'emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di interesse legittimo in capo al cittadino. (conferma T.A.R. Lazio Roma, Sez. III-bis, n. 11949/2016)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1226 del 2017, proposto da:

N.A. ed altri, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Giancarlo Caracuzzo, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, via di Villa Pepoli, n. 4;

contro

Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, Ufficio regionale scolastico per il Lazio, in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti di

D.A.A., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO, Roma, Sez. III-bis, n. 11949/2016, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'appellato Ministero;

Esaminate le memorie difensive e gli ulteriori atti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 il Cons. Stefano Toschei e uditi per le parti gli avvocati Giancarlo Caracuzzo e Federico Basilica, dell'Avvocatura generale dello Stato;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Premesso che:

- la presente controversia ha ad oggetto l'appello proposto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. III-bis, 30 novembre 2016 n. 11949, con la quale è stato respinto il ricorso, proposto ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. avverso il silenzio (inadempimento) formatosi a carico dell'Ufficio regionale scolastico per il Lazio in merito alla richiesta, formulata dagli odierni appellanti, al fine di ottenere l'inserimento nella graduatore ad esaurimento del personale docente ed educativo, c.d. GAE, formulata dagli odierni ricorrenti in qualità di diplomati magistrali con il titolo conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002;

- gli odierni appellanti si sono rivolti al giudice amministrativo (di primo grado) al fine di ottenere la pronuncia circa la illegittimità del silenzio serbato dall'amministrazione sulla richiesta sopra ricordata nonché la condanna dell'amministrazione a procedere al loro inserimento nelle graduatorie in questione dopo che, in prima battuta, avevano proposto analoga domanda giudiziale all'autorità giurisdizionale ordinaria che ha però declinato la giurisdizione;

- proposto il ricorso dinanzi al TAR per il Lazio quest'ultimo, con la sentenza qui gravata, ha respinto il ricorso sulla base dell'assorbente rilievo dell'assenza dei presupposti dell'invocato silenzio e del difetto della giurisdizione amministrativa sulla cognizione della domanda proposta con la contestazione dell'inerzia dell'amministrazione;

- gli appellanti, avverso la surrichiamata decisione del TAR per il Lazio, propongono gravame criticando la correttezza della statuizione del giudice di primo grado, insistendo nel sostenere la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla propria domanda e concludendo per la riforma della sentenza e per il conseguente accertamento dell'illegittimità del silenzio impugnato;

Ritenuto che l'appello debba dichiararsi inammissibile, alla stregua delle considerazioni che seguono, nei termini già evidenziati dalla sezione in numerosi precedenti (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 20 novembre 2017 n. 5340);

Verificato che nella fattispecie in esame è controversa in via principale la legittimità del silenzio serbato dall'amministrazione in ordine alla diffida finalizzata ad ottenere l'inserimento degli odierni appellanti nelle graduatorie ad esaurimento, e non anche la legittimità del decreto ministeriale che li esclude (che non risulta, infatti, formalmente impugnato), come si ricava chiaramente dall'univoca formulazione del ricorso di primo grado (che nell'intestazione reca espressamente "RICORSO PER RIASSUNZIONE AVVERSO IL SILENZIO RIFIUTO") e del ricorso in appello (entrambi testualmente proposti ai sensi dell'art. 117 c.p.a), tenuto conto che la domanda subordinata proposta in sede di appello e (apparentemente) rivolta all'obiettivo di vedere accertata o dichiarata "la nullità o la illegittimità del D.M. n. 235/2014", altro non è che un profilo ancillare della domanda principale il cui accoglimento avrebbe quale conseguenza (aspirata dagli appellanti) l'accertamento e la dichiarazione del diritto degli stessi all'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento e, quindi, la condanna nei confronti dell'amministrazione a procedere a tale inserimento;

Considerato che dalla suindicata qualificazione della domanda discende il corollario, di ordine processuale, secondo il quale l'azione resta inammissibile perché il ricorso avverso il silenzio inadempimento, come è noto, deve intendersi ritualmente esperibile solo se proposto "a tutela di posizioni di interesse legittimo, implicanti l'esercizio in via autoritativa di una potestà pubblica, e non se l'inerzia è serbata a fronte di un'istanza avanzata per il riconoscimento di un diritto soggettivo, poiché in tal caso l'interessato ha titolo a chiedere l'accertamento del diritto al giudice competente, vale a dire al giudice ordinario, se la materia non rientra tra quelle di giurisdizione esclusiva" (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 14 marzo 2016 n. 987);

Rilevato che, in coerenza con il paradigma appena indicato, la sussistenza della giurisdizione ordinaria in merito alla cognizione delle pretese direttamente intese a ottenere l'inserimento nelle graduatorie a esaurimento, in quanto asseritamente scaturente, in via immediata, dalla normativa di riferimento, ma non mediata dall'impugnazione dei decreti ministeriali o da provvedimenti amministrativi che l'hanno negata (cfr. Cass. civ., Sez. un., 15 dicembre 2016, n. 25840 nonché Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2017 n. 1203), implica l'inammissibilità del ricorso proposti ai sensi dell'art. 117 cit., per il difetto della necessaria condizione dell'inerenza della posizione soggettiva sostanzialmente azionata a una controversia affidata alla potestà cognitiva del giudice amministrativo;

Dato atto che costituisce ormai pacifica acquisizione giurisprudenziale, in tema di silenzio-inadempimento, che l'articolo 31 c.p.a. (nel quale è stato traslato l'art. 21-bis L. 6 dicembre 1971, n. 1034) non ha inteso creare un rimedio di carattere generale, esperibile in tutte le ipotesi di comportamento inerte della pubblica amministrazione e, pertanto, sempre ammissibile indipendentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo sulla questione sottostante, come si verificherebbe qualora il giudice amministrativo fosse stato configurato come giudice del silenzio della pubblica amministrazione, ma ha solo codificato un istituto giuridico di elaborazione giurisprudenziale, relativo all'esplicitazione di potestà pubblicistiche correlate alle sole ipotesi di mancato esercizio dell'azione amministrativa, tanto che, anche nel caso del rito speciale instaurato per l'impugnazione del silenzio, quindi, il giudice adito deve preliminarmente verificare la propria giurisdizione in relazione alla natura della posizione sostanziale esercitata e, se del caso, dichiarare l'inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e con l'ulteriore conseguenza che lo speciale rito sul silenzio non configura una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva o per materia del giudice amministrativo, ma costituisce un particolare strumento processuale volto a rendere più efficace la tutela dell'interessato nei confronti del comportamento inerte della p.a. nell'emanazione di un provvedimento amministrativo, a fronte di una posizione di interesse legittimo in capo al cittadino (cfr., amplius, Cons. Stato, Sez. VI, 20 luglio 2017 n. 3585);

Considerato che le argomentazioni degli appellanti non valgono ad inficiare l'anzidetta conclusione, siccome meramente ripetitive della tesi della sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla cognizione della legittimità dei decreti ministeriali approvativi delle graduatorie, ma prive della necessaria e puntuale contestazione (viceversa doverosa, anche ai fini della stessa ammissibilità dell'appello) del dirimente rilievo dell'assenza, nella fattispecie esaminata, della formale impugnazione del decreto ministeriale negativo dell'inserimento dei ricorrenti nelle GAE;

Puntualizzato che, in proposito, dalla lettura del ricorso presentato in primo grado si evince univocamente che l'azione è stata espressamente proposta, ai sensi dell'art. 117 c.p.a. avverso l'illegittimità dell'inerzia serbata dall'amministrazione in ordine alle istanze dei ricorrenti e si fonda sulla coerente prospettazione della doverosità dell'obbligo dell'amministrazione di provvedere sulle relative diffide;

Rilevato che l'illegittimità degli atti ministeriali preclusivi risulta, invece, meramente enunciata nel corpo dell'atto, mentre difetta una loro formale e tempestiva impugnazione (supportata dall'articolazione di specifiche censure e tradotta in una domanda di annullamento), sicché la pretesa di inserimento nelle graduatorie, nella quale si risolve il ricorso di primo grado, risulta estranea all'ambito applicativo del rimedio concretamente azionato e, quindi, irritualmente proposta;

Stimato che la natura della controversia e continui contrasti giurisprudenziali ai quali si è assistito in materia, accompagnati dalla presenza di disposizioni normative non agevolmente interpretabili a causa della incerta tecnica di redazione, giustifichi la compensazione delle spese della presente fase processuale;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Sergio Santoro, Presidente

Marco Buricelli, Consigliere

Dario Simeoli, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

Rimani aggiornato, seguici su Facebook